Forme fragili per messaggi forti
Le terrecotte di Armanda Verdirame in un confronto di monocromie
Lucia Mazzilli, testo per la mostra di Puurs, Belgio (2004)
C’ è qualcosa di nuovo nella già variegata produzione di Armanda Verdirame, qualcosa che, se mantiene inalterata la sua tecnica, rinnova fortemente il messaggio che l’artista rivolge al mondo.
La nuova forma è il “ mostro”, uno strano “ animalide” (come lo chiama la scultrice) che evoca protagonisti di una fantascienza Anni Settanta e che, nella sua imperturbabile compostezza, ci comunica una rassegnata minaccia.
Mostrum, prodigio, portento. Così l’etimologia della parola ci conduce a svelare il significato della nuova tematica accolta dall’artista.
Mostrum, prodigio, portento e anche segno degli dei e volontà divina: qualcosa che, nello spavento che procura, lancia un messaggio forte.
Qualsiasi società, in ogni spazio e tempo, ha avuto e ha i suoi “mostri” e, se una civiltà si definisce nella capacità di elaborare culturalmente i suoi mostri, l’assenza di tale percorso genera caos e violenza.
Mostrum, nel suo percorso etimologico, si riallaccia anche al verbo monere, ammonire. Quello di Armanda, anche se non è
un vero e proprio ammonimento, è un invito forte a guardare in faccia alle mostruosità del vivere attuale, è uno stimolo a intraprendere la strada dell’emergenza.
Nel parlare comune, si definisce “mostro” un uomo che non conosce pietà, capace di ogni sorta di violenza, quell’uomo non più uomo, che rinnegando culture, religioni, civiltà e storie, rinnega la propria stessa natura. Di un uomo, quindi, che necessita un riconoscimento di se stesso. Ed è sicuramente anche questa, un’altra lettura dell’opera della Verdirame.
Continuando a seguire i percorsi etimologici della parola, la troviamo imparentata con il verbo “mostrare”. Sono “mostri” mostrati quelli di Armanda, esposti in mostra. Esposti, abbiamo detto, e quando il participio passato assume funzione aggettivale, rivela tutta la fragilità di quest’uomo trasfigurato, di questi esseri dal corpo vuoto. Li possiamo vedere esposti al vento, al sole, alla pioggia, a ogni sorta di intemperie, questi mostri, pensati dall’artista come opere da installare in spazi aperti, come questi di Puurs.
I mostri di Armanda rivelano infine, anche un’altra tematica sulla quale sta riflettendo da alcuni anni, quella degli organismi modificati geneticamente (OGM) o della manipolazione genetica: ci parlano del turbamento di una natura maltrattata, ci parlano di un progressivo e accanito allontanamento dalla natura.
Dicevamo all’inizio, che la tecnica dell’artista rimane immutata anche in queste opere. Semi di graminacee incidono e affondano, creando solchi e rilievi nella terracotta. Cosa dobbiamo pensare? Sono questi semi di altri potenziali mostri in embrione, oppure possiamo sperare che la natura riesca a germogliare anche nel caos, a farsi forza e prevalere sul collasso. Probabilmente sono entrambe i significati raccolti da Armanda nell’ideazione di queste opere, e appartengono al messaggio severo che la fragilità queste forme riesce a esprimere con forza ed eleganza.